Comparativa Suzuki GSX-R 750, Ducati 848, Triumph Daytona675

Le nostre moto, la tecnica, gli assetti....
Rispondi
Maskuel
Utente
Messaggi: 4580
Iscritto il: 30/03/2010, 21:03
Città: Roanapur
Sesso: Maschio
Auto posseduta: Alfa 156 SportWagon V6 24v
Allestimento: Sport Distinctive
Moto: Suzuki GSX-R 750 K3
Socio N°: 60
Contatta:

Comparativa Suzuki GSX-R 750, Ducati 848, Triumph Daytona675

Messaggio da leggere da Maskuel »

Scelte tecniche differenti per un unico obiettivo: la sportività estrema. Hanno due, tre, quattro cilindri e cubature che sono cresciute rispetto alle classiche "seicento". In pista sono compagne perfette; su strada invece meglio contatti "brevi ma intensi"

Vanno forte, frenano bene, e sono molto belle: parliamo delle medie sportive, moto divertenti e dai prezzi tutto sommato abbordabili. Le tre protagoniste di questa comparativa in realtà non rispettano la canonica cilindrata di 600 cc ma rispecchiano il concetto di "media sportiva" pur interpretandolo con architetture e cubature dei propulsori ben differenti e con caratteristiche dinamiche molto diverse tra loro.

Immagine

Quello delle medie cilindrate supersportive è un mercato in contrazione, così come tutto il settore delle race-replica. Tra i molteplici motivi vi è senza dubbio la corsa alle superpotenze da parte delle Case per soddisfare gli irriducibili appassionati, come se presentarsi all'uscita domenicale in sella a una moto con meno di 180 CV possa essere un disonore. Invece, spesso ci si dimentica di quanto una media cilindrata (comunque da 130-150 CV...) riesca ad andar forte in pista, e quanto possa essere divertente tra le curve su strada. Ducati, Suzuki e Triumph ci credono eccome: il risultato sono queste tre sportive senza compromessi e dalle qualità dinamiche eccellenti.

Due i cilindri da 848 cc per la Ducati 848, tre quelli della Triumph Daytona e 675 cc, infine quattro in linea e ben 750 cc per la Suzuki GSX-R750. Le cubature dei propulsori vanno di pari passo con le potenze: 140 CV per la bolognese, 125 per l'inglesina e 150 per la giapponese. Valori importanti, abbinati a quote ciclistiche compatte e pesi contenuti. Già sulla carta è facile dedurre che queste moto vanno davvero forte.

è il momento di scendere in pista!


Durante le sessioni in pista i tester non si sono soffermati più di tanto sulla ricerca dei migliori tempi sul giro - vicini tra loro - delle tre sfidanti; piuttosto in questa prova hanno cercato di mettere in chiaro le notevoli differenze della loro dinamica.

Il carattere della Ducati è unico e per questo la guida della 848 Evo deve essere ben interpretata; quello della Triumph è in assoluto il più estremo e votato alla pista, mentre la Suzuki colpisce per la facilità con la quale si lascia condurre, anche "tirandoci dentro" sul serio.

La bicilindrica di Borgo Panigale ha un motore che spinge forte ai medi regimi e che non richiede di tirare le marce al limitatore per dare il massimo. Meglio inserire il rapporto superiore appena la spinta accenna a scemare e contare sulla rapportatura lunga che "fa strada". La Evo richiede affiatamento soprattutto perché è una moto rigida, non troppo reattiva e meno svelta di ciclistica. Il trucco per andare forte sta nelle traiettorie, che devono essere arrotondate e scorrevoli. In questo modo la 848 Evo diventa gustosa nelle curve strette e soprattutto tremendamente efficace e rassicurante sul veloce grazie all'avantreno che non tradisce. Solida, questo l'aggettivo che meglio descrive la ciclistica Ducati. Le sospensioni sono molto rigide ma sensibili ai click e con un po' di "mestiere" si può adattarla ai propri gusti.

"Estrema" è invece l'aggettivo perfetto per la Triumph. Sarà per le raffinate e rigidissime sospensioni Öhlins, per i nuovi freni Brembo o per il cambio elettronico di serie, fatto sta che la tre cilindri inglese sa essere una brutta bestia per tutti tra i cordoli di una pista. Compatta nelle dimensioni, la Daytona R è un fulmine nei cambi di inclinazione e negli ingressi in curva, e permette al pilota esperto di spingere subito a fondo. I rider meno smaliziati con la 675 R avvicinano rapidamente, se non i tempi, le sensazioni che solo una moto da corsa sa regalare. Sul veloce non è stabile e precisa come la 848 e in staccata bisogna mettere in preventivo qualche ondeggiamento del posteriore, anche perché, come la Ducati, è priva di antisaltellamento. Anche con l'inglese, lavorando sul set-up, si può migliorare questo aspetto. Il motore ha grinta già dai 4000 giri e dai 10.000 corre furioso verso i 14.000, dove il limitatore pone fine ai giochi.

La Suzuki GSX-R 750 è la più potente del lotto, ma lo nasconde bene. Il motore è trattabile ai bassi e possiede medi regimi robusti che conducono con progressione perfetta verso la sfuriata degli alti regimi. Proprio per la sua linearità si ha la percezione di quanto si vada forte solo guardando il tachimetro o sollevandosi in staccata. Il merito è della ciclistica rassicurante e maneggevole, di vibrazioni impercettibili e, in generale, della confidenza che questa moto regala. Le sospensioni e la forcella in particolare, sono più morbide delle concorrenti, per una precisa scelta tecnica. In pista però questo set-up provoca il rapido trasferimento di carico sull'anteriore in staccata e la tendenza ad allargare le traiettorie in uscita quando si accelera a fondo. Una caratteristica che accomuna le tre moto è l'esuberanza dei freni, Brembo per tutte con pinze ad attacco radiale, impeccabili per potenza frenante e resistenza alle sollecitazioni. Un plauso particolare va alla modulabilità degli impianti di Ducati e Suzuki, mentre l'aggressività dell'anteriore Triumph richiede circospezione durante i primi chilometri.

Una nota: dopo alcune tornate "a fondo", il comando del freno anteriore della GSX-R ha acquisito un gioco piuttosto sensibile.

Vediamo come si comportano su strada


Una tortura. senza giri di parole. Per portare su strada queste supersport bisogna essere dei fachiri, soprattutto con la Ducati e la Triumph. La Suzuki infatti offre qualcosa in più in termini di comfort. Ma andiamo con ordine.

La Ducati 848 Evo e la Triumph 675 R sono moto senza compromessi. Alla posizione di guida con manubri spioventi e pedane alte e arretrate, l'inglesina aggiunge un piano seduta molto alto e vibrazioni sopra la media a ogni regime. La GSX-R 750 offre una sella più ampia e morbida, pedane meno coercitive e un discreto riparo aerodinamico. Le sospensioni meno rigide fanno il resto, e così durante i test su strada la Suzuki è risultata la più ambita dai tester.

Il terreno di caccia ideale per queste moto è ovviamente un bel tratto di strada tutto curve, dove si dimentica in fretta l'indolenzimento a schiena e polsi e ci si lascia conquistare dalle qualità dinamiche. Fuori dai cordoli, della Ducati si apprezza la solidità e il fatto che trasmetta ogni informazione sul manto stradale e sull'aderenza. Questo, unitamente alla coppia vigorosa del motore, consente di lasciarsi andare al piacere puro della bella guida.

La Triumph è più nervosa a causa delle sospensioni rigide che richiedono di evitare i tratti di asfalto più rovinati. In assoluto è la più maneggevole e questo le consente di affrontare anche i tornanti a velocità elevate senza remore, sfruttando l'ampio arco di erogazione del motore che, tra l'altro, limita parecchio l'utilizzo del cambio.

La Suzuki è la meno affaticante ed è maneggevole e ben calibrata nelle reazioni in ogni frangente. Le sospensioni morbide trasmettono feeling immediato, mentre il motore - capace di riprendere con esuberanza già a 2000 giri in sesta! - coniuga una trattabilità da riferimento con potenza e coppia decisamente superiori alle rivali.

Le prestazioni rilevate


La potenza superiore del motore Suzuki consente alla sportiva giapponese di staccare i tempi e le velocità migliori.

Ducati e Triumph si difendono bene grazie al peso contenuto e alle potenze dichiarate comunque ragguardevoli. La sportiva inglese fa segnare il minimo sulla bilancia il che farebbe presupporre prestazioni in frenata superiori alle avversarie, visti gli impianti molto simili. La distribuzione dei pesi, molto caricata in avanti, però la penalizza accentuando la tendenza al ribaltamento (pur essendo efficace in altri frangenti). La Ducati che ha una distribuzione delle masse praticamente opposta all'inglese, brilla nelle decelerazioni, limitata solo dalla tendenza al tamponamento della forcella. Ottima la resa delle frizioni, a bagno d'olio anche per la Ducati (e non più a secco).
Immagine

io sono luce e lampadina!

Think fast, go faster!

MASKUEL YOUTUBE CHANNEL
Rispondi

Torna a “L' angolo delle Moto!”