1. Premessa

Quando si parla di personalizzazione dell’auto, due sono le correnti di pensiero con le quali si ha a che fare: vi sono, da un lato, coloro che ritengono di intervenire esclusivamente sull’estetica della propria vettura; vi sono, dall’altro, quelli che invece pensano sia più opportuno e gratificante intervenire – più o meno approfonditamente – sulla meccanica. Ebbene, la rivisitazione dell’assetto, intesa come sostituzione di molle e ammortizzatori, è il tipico intervento di personalizzazione che mette d’accordo tutti: coloro che desiderano maggiore soddisfazione nella guida e coloro che vogliono invece migliorare solo l’aspetto estetico. Ma proprio l’attenzione per l’aspetto estetico spinge a volte a commettere eccessi o leggerezze che poi inevitabilmente si finiscono col pagare su strada: infatti, è giusto che l’occhio abbia la sua parte, ma ad essere privilegiato dovrebbe essere sempre e comunque il buon senso. Il primo intervento che di solito l’appassionato opera nell’ambito della rivisitazione dell’assetto consiste nell’adozione di molle con taratura più sportiva: del resto, c’è da dire che se tale intervento viene effettuato senza eccessi ed esagerazioni nella scelta dei componenti, sarà anche possibile evitare la sostituzione di ammortizzatori ancora perfettamente efficienti.

 

2. Perché sostituire le molle?

I motivi tecnici che spingono a favore dell’adozione di molle sportive sono fondamentalmente due: l’abbassamento del baricentro del veicolo e l’irrigidimento delle sospensioni. Si tratta di due obiettivi che i produttori di questi componenti potrebbero soddisfare anche separatamente, ma il buon senso e l’esperienza suggerisce di abbinarli. Abbassare la scocca al suolo garantisce una maggiore tenuta di strada dell’auto, grazie alla riduzione dei trasferimenti di carico dinamici. E’ chiaro che su vetture concepite e realizzate per le competizioni ciò non costituisce in alcun modo un problema (anche perché, tra l’altro, l’asfalto degli autodromi è perfettamente livellato); ma è altrettanto chiaro che nel caso di automobili che affrontano ogni giorno le normali strade aperte al pubblico, una estremizzazione dell’assetto potrebbe paradossalmente portare non solo ad una naturale riduzione del confort, ma anche ad una diminuzione della stessa sicurezza di marcia. L’errore che molto spesso si commette è quello di voler trasformare – dietro la spinta di motivazioni puramente estetiche –  un’automobile di serie in qualcosa di molto simile ad una vettura da competizione; e così, per arrivare ad eliminare il vuoto tra il pneumatico e l’arco passaruota che lo sovrasta, si finisce col ribassare eccessivamente la scocca senza tenere più conto delle esigenze tecniche: trasformare il proprio veicolo in una sorta di grosso kart privo di molleggio e difficile da governare non è cosa molto sensata, anche perché l’auto non è un oggetto statico da esporre in vetrina, ma una macchina ideata per muoversi e viaggiare. Insomma, migliorare rendimento e prestazioni dinamiche di una vettura di serie è sempre possibile, ma basta pochissimo per ottenere l’effetto contrario.

3. La rigidezza delle molle

Quando si parla di rigidezza di una molla, ci si riferisce alla resistenza che la molla oppone al suo schiacciamento quando si applica ad essa una forza esterna. Esercitando la medesima forza di compressione su due elementi elastici diversi, quello che si accorcia meno rispetto alla lunghezza iniziale è ovviamente il più rigido. La rigidezza o “costante elastica della molla” viene misurata in N/mm (Newton al millimetro) o in Kg/cm. Non tutte le molle si comportano in modo lineare, ovvero rispondono ad un incremento della forza con un accorciamento della lunghezza proporzionale: ce ne sono alcune che si comprimono sempre meno all’aumentare del carico che le sovrasta. Per tale motivo, per conoscere realmente il comportamento di un elemento elastico, è necessario servirsi di un grafico che riporti sulle ascisse lo spostamento e sulle ordinate la forza applicata. Questo grafico forza/spostamento si può definire “caratteristica della molla” e permette di confrontare elementi elastici di tipo diverso. Le molle lineari sono caratterizzate da un linea retta, tanto più verticale quanto più rigida è la molla (poiché, aumentando la rigidità, la deformazione subita a parità di carico risulta minore).

 

Il diagramma di rigidità mette a confronto la molla originale (tratto verde) e quella sportiva (tratto rosso), entrambe di tipo lineare. La linea rossa, con una maggiore pendenza, è relativa alla molla più corta (-1 cm) e rigida. Simulando graficamente il montaggio dei due elementi elastici sulla sospensione, si possono confrontare sia gli effettivi accorciamenti sia le entità dei ribassamenti della scocca sotto l’azione del carico. In ogni caso, sia sotto l’azione del carico  statico (linea azzurra) sia con 500 Kg (linea viola) di spinta, il divario resta sempre di 3 cm.
Se invece il grafico non segue una linea retta, ci troveremo in presenza di una molla non lineare: la sua caratteristica sarà tanto più progressiva quanto maggiore è la tendenza ad incurvarsi all’aumentare della sollecitazione.

 

Il diagramma di rigidità mette a confronto la molla lineare d’origine (tratto verde) e quella sportiva (tratto rosso) di tipo progressivo e di identica lunghezza. La linea rossa è inizialmente meno inclinata, dunque la molla sportiva è più cedevole dell’originale. Tuttavia, al crescere della sollecitazione, essa aumenta rapidamente la sua rigidità invertendo la situazione. Simulando graficamente il montaggio dei due elementi elastici sulla sospensione, si possono confrontare sia gli effettivi accorciamenti sia le entità dei ribassamenti della scocca sotto l’azione del carico. In condizioni statiche (linea azzurra), l’auto con la molle sportive è più bassa di 3 centimetri. Quando il carico raggiunge i 500 Kg (linea viola) il divario si riduce a poco più di un centimetro (-6 cm contro -7,2 cm), mentre si annulla quasi del tutto (-8 cm contro – 8,2 cm) con 600 Kg (linea grigia). Nel caso in esame, la massima escursione delle sospensioni (supposta poco oltre i 600 Kg) coincide sia impiegando le molle di serie che quelle sportive.
In questo caso, al crescere del carico, la molla si comprimerà sempre meno, aumentando di fatto la sua rigidezza in modo non proporzionale. Il comportamento non lineare si ottiene in modi diversi: variando la distanza tra le spire delle molle o anche variando la sezione del tondino d’acciaio, oppure realizzando delle molle di forma tronco-conica anziché cilindrica come per quelle lineari. In tutti questi casi, aumentando la forza di compressione, una o più spire entrano in contatto tra di loro, lasciando alle rimanenti il compito di opporre resistenza alle sollecitazioni più intense.

4. L’entità del ribassamento

Ogni serie di molle va ovviamente analizzata tenendo conto dell’architettura delle sospensioni della vettura sulla quale sarà poi montata. Tuttavia, è possibile tracciare un limite ideale tra ribassamenti leggeri e ribassamenti più estremi. Il buon senso suggerisce di limitare a circa 30 millimetri il ribassamento “medio” del corpo vettura, in modo da non incorrere in varie limitazioni. In tal caso, non è d’obbligo sostituire gli ammortizzatori di serie, ammesso che essi siano ancora in piena efficienza. Più che di un obbligo, in casi del genere si potrebbe parlare di cosa consigliata: infatti, non fa comunque mai male abbinare a molle più rigide delle originali ammortizzatori con tarature più sportive, maggiormente frenati nella risposta idraulica di circa il 25%. Con ribassamenti più estremi, invece, diventa di fatto inevitabile la sostituzione degli ammortizzatori con altri maggiormente frenati e più corti degli originali; ciò sarà ancora più vero qualora molle e ammortizzatori non siano coassiali. In caso di ribassamenti del genere, il fai-da-te è decisamente sconsigliato poiché, se per le molle sportive utilizzate per ribassamenti leggeri le verifiche da effettuare sono tutto sommato limitate e alla portata di un meccanico generico, altrettanto non si può dire per quelle più estreme, molto più corte e rigide di quelle di serie: qui i controlli d’efficienza e sicurezza si estendono – oltre che ai tamponi di fine corsa – anche ai ripartitori meccanici della frenata (ma solo per le vetture più anziane prive di ABS), ad eventuali impedimenti nell’escursione delle sospensioni, al contatto tra la carrozzeria o la meccanica e le ruote, al perfetto ancoraggio della molla anche quando la sospensione è completamente estesa, alla libertà di movimento degli ammortizzatori. Al termine degli interventi meccanici, si passa alla verifica delle corrette geometrie delle ruote, in particolare sull’avantreno (operazione, comunque, sempre opportuna, anche in caso di ribassamenti modesti). In ogni caso, non bisogna trascurare un aspetto importante legato al ribassamento della carrozzeria al suolo: l’inclinazione assunta da alcuni importanti organi delle sospensioni, ovvero i braccetti, i tiranti dello sterzo e i semiassi. Infatti, se questi assumono in condizioni statiche una posizione quasi parallela al terreno, in presenza di molle molto ribassate si vengono a trovare in posizione obliqua già in condizione statica di riposo: nell’ambito di un assetto in condizioni originali, un tale orientamento delle articolazioni si verifica solo quando il veicolo percorre una curva; come se non bastasse, l’angolazione dei braccetti e dei tiranti dello sterzo è destinata ad aumentare ulteriormente quando ad affrontare una curva è l’auto con molle sportive.

 

Il disegno mostra la posizione statica di una sospensione originale a confronto con una che utilizza molle molto più corte di quelle di serie. A destra si può notare come gli organi di collegamento tra la ruota e la scocca fortemente ribassata assumono un angolo di inclinazione evidente, al contrario di quelli di serie che risultano paralleli al suolo. Con ribassamenti dell’ordine dei 30 mm circa, i braccetti delle sospensioni, i semiassi e i tiranti dello sterzo si trovano ad operare comunque in posizione obliqua che però, in genere, rientra nelle tolleranze del progetto anche quando l’auto è impegnata in curva.
Ciò potrebbe causare vari tipi di anomalie, poiché non è detto che tali geometrie siano state considerate in fase di progetto. Le variazioni di convergenza e campanatura in marcia, soprattutto in curva su fondi sconnessi, potrebbero diventare considerevoli e repentine, causando anomale e brusche variazioni di sterzatura delle ruote. Quando si utilizzano molle fortemente ribassate, c’è da considerare anche di quanto si è abbassata la scatola dello sterzo. Per lo stesso motivo, in particolare se l’auto è a trazione anteriore, l’inclinazione dei semiassi potrebbe causare problemi di usura dei giunti omocinetici, solitamente dal lato del cambio.

5. L’assetto ribassato

L’assetto è la posizione che il veicolo assume rispetto ai tre assi che passano per il suo baricentro (longitudinale, trasversale, verticale). In genere, questo termine è usato “impropriamente” per indicare soltanto l’altezza da terra dell’avantreno e del retrotreno, ma esso rende comunque l’idea e pertanto lo intenderemo in tal senso. Effettuando correttamente la misura dell’altezza sui due assi, si può notare che anche sulle vetture di serie, spesso – seppur di poco – non coincidono. Solitamente è il retrotreno ad essere più alto (anche perché il progetto tiene conto dell’aggravio di peso di eventuali passeggeri e di bagagli). Ad ogni modo, prima di sostituire le molle, è d’obbligo misurare l’altezza da terra in corrispondenza di ogni ruota e ripetere l’operazione anche dopo aver sostituito le molle. Pur non essendo una regola, è probabile comunque che l’abbassamento dell’avantreno risulti leggermente maggiore rispetto a quello del retrotreno, almeno quando si acquista un kit completo. In genere, si preferisce questa configurazione per compensare l’handicap delle molle più dure all’anteriore; tale maggiore durezza, infatti, potrebbe limitare il trasferimento di carico in frenata e nell’inserimento in curva della vettura, facendo perdere incisività alla manovra. Ad ogni modo, l’assetto è una materia troppo complessa per essere considerata unicamente dal punto di vista delle altezze da terra sui due assi, e dunque le cose potrebbero andare diversamente da quanto ipotizzato. Vi sono auto che nonostante la “coda bassa” riescono ad assicurare una guidabilità spettacolare, ma ce ne sono anche altre che pur col retrotreno più alto sono altrettanto efficaci. La realtà è che è opportuno non schierarsi mai da una parte o dall’altra per partito preso, ma bisogna analizzare e sperimentare le varie soluzioni prima di convincersi di essere giunti al top delle prestazioni ottenibili; per andarci vicini è consigliabile non alterare troppo l’architettura di base dell’auto, ma cercare di perfezionarla operando con metodo e con una modifica alla volta.

6. Verifiche

Dopo aver effettuato le modifiche, sarà opportuno procedere con le seguenti verifiche:
– controllare che l’ammortizzatore non arrivi a fondo corsa con la massima compressione della sospensione;- accertare che l’altezza dei tamponi di fine corsa non risulti eccessiva;- assicurarsi che le parti meccaniche, le tubazioni dei freni e le ruote non sfreghino sulla carrozzeria;- verificare, se presente, il corretto funzionamento del ripartitore meccanico di frenata;- se la differenza d’altezza da terra tra i due assi, rapportata a quella d’origine, è variata molto, è necessario eseguire con cautela le prove dinamiche di stabilità;- ribassare l’assetto altera le geometrie delle ruote: è quindi sempre obbligatoria una verifica dal gommista.

7. Molle ribassate:pregi e difetti in sintesi

– Tenuta di strada- Stabilità- Frenata- Estetica- Rollio ridotto- Beccheggio ridotto- Precisione di sterzo- Reattività dinamica

CONTRO
– Comfort- Tenuta di strada su fondi a scarsa aderenza- Tenuta di strada e stabilità su fondi sconnessi- Difficoltà nell’affrontare le rampe dei garage- Per ribassamenti superiori ai 30 mm, maggiore difficoltà di messa a punto- Le sospensioni rigide richiedono maggiore perizia nella guida

Fonte: www.cuorialfisti.com- Elaborazione

Materiale tratto da ELABORARE n° 85. Testi e disegni di Piero Plini